Un ambiente unico, di rara bellezza e dal fascino ipnotizzante.
Ai piedi del Monte Gavia (3223mslm) e del Corno dei Tre Signori (3361mslm) posto in un ampia sella di prati e morene sorge uno dei valichi transitabili più alti delle Alpi. Il Passo Gavia, 2652mslm, circondato da laghi alpini di incredibile bellezza e da prati selvaggi popolati da ogni specie di fauna, mette in comunicazione Santa Caterina Valfurva con Ponte di Legno nonchè funge da confine amministrativo tra le provincie di Brescia e di Sondrio.
Il valico è incluso nelle Alpi Retiche Meridionali, più precisamente nel sottogruppo del Sobretta e del Gavia, e rappresenta uno dei passi alpini più belli e audaci del continente.
Conosciuto già dall’epoca medievale il Passo Gavia era utilizzato solo da mercanti o contrabbandieri audaci e coraggiosi per via delle difficoltà nel valicarlo e delle difficili condizioni che durante tutto l’anno imperversano nella zona: slavine, nebbie, frane, tempeste e freddo rendevano il percorso arduo e complesso a tal punto che il valico in pochi decenni si guadagnò il nome di “Passo di Testa di Morto”, appellativo che ritroviamo addirittura sulla cartografia del XIX e XX secolo.
Nei pressi del Passo Gavia sorge uno dei laghi alpini più grandi e pregevoli dell’intero gruppo. Il Lago Bianco è veramente un gioiello di rara bellezza; le sue acque cristalline rispecchiano le imponenti cime dell’Ortles (3905mslm), del Gran Zebrù (3867mslm) e del Tresero (3602mslm) verso settentrione, verso occidente il Monte Gavia (3223mslm) e la Punta Pietrarossa (3283mslm) mentre verso oriente del Corno dei Tre Signori (3360mslm) e della Cima Gaviola (3050mslm). Suggestivi scorci fotografici e all’insegna del silenzio e del relax attendono ogni giorno il visitatore capace di cogliere le bellezze e il fascino dell’ambiente che lo circonda.
Circa 3 km prima del passo, versante bresciano, troviamo invece un secondo specchio d’acqua chiamato Lago Nero. Una leggenda tramandata da generazioni ci racconta la bellissima quanto triste storia di due innamorati qui ambientata:
[…] I due innamorati salivano al Passo Gavia; sostarono un attimo, poco sotto il passo, e videro che gli inseguitori li stavano raggiungendo. “Tu vai avanti, resto per un attimo e cerco di fermarli” disse il giovane a Belviso. Si guardarono: lei sapeva che non era la verità, ma non restava altro da fare: se fossero stati raggiunti insieme, per il loro sogno d’amore sarebbe stata la fine. Lo lasciò, con la morte negli occhi. Aveva già raggiunto il passo, quando il diavolo stava per mettere le sue grinfie sul giovane. Accadde, allora, quel che avevano concordato senza neppure parlarsi: aiutati da qualche potenza arcana, si mutarono, entrambi, in laghi: lui nel lago Nero, lei nel lago Bianco. Nessuno poteva avere più alcun potere su di loro. Da allora il loro spirito vive nelle acque ed i due laghi, nelle notti quiete e terse, si parlano, vagheggiando di quella vita che era stata loro negata. Un sussurro, appena, che pochi possono cogliere.
A circa 300 metri di distanza dal Passo esiste, unico in Italia, un lembo di tundra artica, relitto dell’ultima glaciazione, che copre una superficie di circa quattrocento metri quadrati. Su suoli poligonali esso accoglie specie come: Polytrichum sexangularis, Salix herbacea, Carex curvula, Loiseleuria procumbens o Ranunculus glacialis.
Si tratta quindi di una zona ad alto valore naturalistico, nonché ad altrettanto elevata vulnerabilità.
Il rispetto e la tutela di questo territorio rappresentano imperativi fondamentali e da tenere in considerazione ogni qual volta di posa il piede su questo luogo unico e inimitabile.
l sentiero medievale che attraversava il passo fu oggetto di notevoli lavori di ampliamento e ristrutturazione in occasione del primo conflitto mondiale, durante il quale, vista la vicinanza della linea di fronte, la strada divenne di fondamentale importanza strategica. Il percorso restava in ogni caso sterrato, stretto e di notevole pericolosità. Dalla seconda metà del ‘900 sono state effettuate notevoli migliorie, tra cui la realizzazione di una galleria per evitare il tratto più pericoloso e la completa asfaltatura del tracciato.
Il mattino del 20 luglio 1954, un veicolo militare Fiat 639, con a bordo ventuno alpini di età compresa tra i 21 ed i 23 anni, cadde in una scarpata a seguito del cedimento del fondo della strada sul versante bresciano; lo schianto che seguì al volo di circa 150 metri causò diciassette morti. Dei due feriti più gravi, uno morì il giorno successivo per le ferite, per un totale di diciotto vittime.
All’epoca il tracciato, privo di parapetti e protezioni, era considerato molto rischioso e la sua percorrenza era sconsigliata agli autocarri; vigeva inoltre un divieto di transito, non rispettato, per i veicoli con più di 14 passeggeri. Nel punto dell’incidente la larghezza totale della carreggiata era di 2,30m. I corpi straziati degli alpini, appartenenti al 6º Reggimento, battaglione Bolzano, furono trasferiti nella chiesetta di Ponte di Legno per le esequie. A ricordo della tragedia furono collocate due lapidi commemorative, tuttora esistenti.
Le eccezionali fioriture estive degli eriofori, le numerose varietà floreali, le torbe ricche di vita e le cime e prati popolati da stambecchi, camosci, ermellini e tantissime altre specie faunistiche fanno del Passo Gavia un luogo dal facile accesso e dalle innumerevoli opportunità per gli amanti della Natura immacolata e allo stato selvaggio.