Questo 8 Giugno è speciale per gli amanti del Gavia, del ciclismo ed anche per l’intera famiglia Bonetta, che proprio oggi festeggia 60 anni di storia sul Gavia, da quel giorno si può dire che ne siano diventati “custodi”.
La più emozionata è certamente mamma Vittorina, che a 90 anni suonati passa ancora le sue estati quassù, a quota 2621 metri, girando il suo rifugio salutando i clienti ed osservando le montagne con il suo binocolo, mentre i figli proseguono l’opera ed il lavoro che lei ha creato.
Il Passo Gavia per lei rappresenta la vita, ha passato le sue estati quassù facendo amare il Gavia a tutti i turisti di passaggio, certamente i suoi occhi conservano ricordi indelebili delle giornate trascorse in quota, pochi come lei hanno visto queste montagne trasformarsi nel corso dei decenni. Proprio lei, insieme al marito Duilio, scomparso molti anni fa, alla fine degli anni ’50, in un’Italia che cercava di riprendersi dalla guerra, ebbe l’intuizione di costruire quassù un rifugio, per portare turismo sul Gavia, fino ad allora sconosciuto ai più, sviluppando il passaggio su questa strada militare, un vero capolavoro dei nostri alpini, per far conoscere ancora di più la Valfurva e Ponte di Legno alle persone.
Dopo alcuni anni di lavori aprirono il Rifugio Bonetta proprio l’8 Giugno 1960, in occasione del passaggio del primo Giro d’Italia su questo valico che diventò leggenda.
Il passaggio fu voluto dal patron Vincenzo Torriani, che vide la strada del Gavia per caso durante un sorvolo estivo, decise quindi di provare a far passare lassù la carovana rosa. Il primo a transitare sul GPM fu Imerio Massignan, che oggi, a 83 anni è ancora in forma. “Partimmo fortissimo ed a 80 Km dall’arrivo ero già solo in testa alla corsa. Ai tempi del Gavia si sapeva poco o nulla, non avevamo fatto alcun tipo di ricognizione. A un certo punto, superato il piccolo borgo di Sant’Apollonia, mi trovai davanti una vera e propria mulattiera: ripida, ghiaia e sassi da tutte le parti, muri di neve alti sei metri ed uno strapiombo a tenermi compagnia ad oltre 2300 metri di quota. Transitai in cima al valico con quasi 2 minuti di vantaggio su Gaul, alle mie spalle corridori da tutte le parti che con le spinte del pubblico cercavano di raggiungere la vetta in ogni modo. Da quel momento il mio nome è rimasto indelebilmente legato al Gavia: ne vado molto orgoglioso”. La terza foto pubblicata è inedita, fa parte dell’archivio della famiglia Bonetta e potete osservare i numerosi cartelli posizionati dall’organizzazione del Giro con scritto “discendete con prudenza”, questo la dice lunga su quanto il Gavia fosse temibile non solo per la salita ma anche la discesa.
All’epoca la strada era più stretta di oggi, non vi erano protezioni, era completamente sterrata e soprattutto non c’era ancora la galleria che evita il tratto più pericoloso, quello dove nel 1954 persero la vita molti dei nostri alpini precipitati insieme al camion che li trasportava.
La salita da Ponte di Legno era riservata ad automobilisti con un certo pelo sullo stomaco, al giorno d’oggi in confronto è una passeggiata, di questo potete esserne certi. Oggi, a distanza di 60 anni, il Gavia è asfaltato e vanta estimatori anche dall’altra parte del Mondo, arrivano da ogni continente per scalare le sue rampe ed ammirare la sua natura selvaggia (pochi lo sanno ma il Gavia è uno dei luoghi con più buio in Italia durante la notte, grazie proprio alla sua posizione molto isolata che non ha praticamente nessun disturbo luminoso in ogni direzione) ed una tappa al rifugio in vetta, diventato ormai un must per ogni persona che arriva a quota 2621 metri, su uno dei passi più alti ed iconici d’Italia e d’Europa.
Autore M.Trezzi – Fotografie di proprietà del Rifugio Bonetta soggette a copyright.